sabato, marzo 20, 2010

Un coro per rivalutare bellezza e tradizione: l'assessore Andrea Blarasin incontra il professore Stefano Zecchi e il giornalista Marcello Veneziani

Il teatro della Filarmonica ha ospitato in date diverse due grandi personaggi del mondo della cultura: il giornalista e scrittore Marcello Veneziani e lo scrittore e professore di Estetica Stefano Zecchi. Viene da chiedersi: cosa hanno a che fare due filosofi come Stefano Zecchi e Marcello Veneziani con il mondo del lavoro? Aristotele affermava che si possono definire “attivi al più alto grado coloro che esercitano una attività di pensiero” e se poi questo pensare costituisce un modo per “ripensare” il lavoro non si può non tenerne conto. Secondo i due maitre à penser, bellezza e tradizione sono gli ideali su cui si devono fondare le azioni umane. La bellezza non è solo l’armonia che contraddistingue l’arte o la natura, ma è l’essenza delle cose, un punto di riferimento della capacità degli italiani di essere creativi che si manifesta in più settori, soprattutto nel lavoro dell’artigianato.
Qui la pratica e la teoria si fondano a vicenda; il sapere della tradizione e l’abilità della mano si uniscono per creare oggetti di ogni genere: una tazza dipinta, un oggetto in ferro battuto, un ricamo. Esiste un legame tra materia e forma, funzione e creatività che solo l’artigiano conosce bene e da cui nasce la bellezza dell’oggetto prodotto. Non si tratta solo di una semplice riproduzione di oggetti ma della capacità di far rivivere la memoria attraverso la manualità, quel sapere artigianale che da forma alle idee, che tende sempre alla perfezione perché riconosce che poteva esser fatto meglio anche ciò che si è fatto bene. Qui parliamo di una bellezza che non è effimera o legata alle tendenze del momento, ma una bellezza che va al di là del tempo.
Soprattutto la nostra Regione è dominata da una cultura umanistica più ricca che altrove, che ha influenzato la nostra capacità manifatturiera con la creazione di oggetti che vanno al di là delle mode. Un esempio su tutti può essere la poltrona Vanity Fair della Poltrona Frau di Tolentino, simbolo dell’eccellenza dell’artigianato italiano nel mondo. La poltrona, dal 1932, anno di nascita della Vanity, è realizzata da veri artigiani con un lavoro che va dalle 4 alle 6 settimane. Un lavoro che si distingue per pazienza, tenacia e disciplina, perché non c’è bellezza senza fatica. Questo dimostra la straordaria manualità nell’arte di lavorare la pelle nella fabbricazione delle poltrone ma anche delle scarpe, altro comparto artigiano dove siamo leader. L’Italia è il “Bel Paese” per definizione, una bellezza che non va solo custodita ma rinnovata: insieme alla tradizione, il bello è uno degli ideali a cui dobbiamo tendere per vincere la competizione globale.
L’assessore Andrea Blarasin afferma che non solo per le grandi industrie, ma l’apporto creativo è fondamentale anche per le piccole imprese, perché solo così riescono a compensare alle dimensioni e a competere sullo scenario mondiale. “L’artigianato d’arte, come la ceramica per esempio, è un’esperienza estetica annientata e spesso ridicolizzata dalla modernità, che l’ha sostituita con la serialità dei prodotti industriali”, spiega il professor Stefano Zecchi. Da queste considerazioni nasce la necessità di preservare uno dei caratteri dominanti della nostra identità: la tradizione. “Oggi la tradizione – afferma Veneziani – è l’unica vera trasgressione e non è solo un legame con il passato ma è il senso della continuità”. La tradizione è una grande fonte di ispirazione e deve suggerirci nuovi modi di pensare, di osservare e fare. Il rapporto tra storia e innovazione passa nel richiamare oggetti del passato, ripensarli e riadattarli con materiali più moderni.
Tradizione e bellezza, qualità e passione, sono questi gli elementi che fanno sentire orgogliose le (piccole) imprese nel momento di imprimere sul proprio prodotto: “Made in Italy”.

Nazzarena Luchetti

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