lunedì, marzo 15, 2010

Alla ricerca del lettore perduto.


di Nazzarena Luchetti

Il libro forma, istruisce, consola, sviluppa il senso critico e logico, è uno strumento prezioso per aprire la mente e arricchire il linguaggio: una persona che non legge o legge poco possiede un linguaggio con vocaboli ridotti. Perché allora gli italiani leggono poco? Per noia e mancanza di tempo, queste sono le risposte emerse dell’indagine svolta dall’Associazione Italiana Editori.
Secondo i dati forniti dall’Aie, infatti, nel 2009 solo il 45,1% degli italiani ha letto almeno un libro. Gli appassionati del libro, i lettori abituali che leggono più di 12 libri l’anno, sono il 15,2%. Tra i 25 paesi dell’Unione Europea l’Italia si confina al 19° posto.
In altre parole, la lettura non è certo l’attività preferita degli italiani e se proprio si deve leggere, la maggior parte preferisce farlo in vacanza o quando non ci sono programmi da guardare in tv. Consoliamoci, perché rispetto al 2008 siamo cresciuti di qualche punto. Dai dati emerge che leggono più donne che uomini e il titolo di studio influisce molto sui livelli di lettura: laureati e diplomati leggono di più.

Le librerie della provincia maceratese

Da una inchiesta fatta in provincia di Macerata risulta che le cose vanno un po’meglio rispetto al resto d’Italia. Crescono i lettori soprattutto giovani e viene confermato l’alto numero delle donne che leggono. Roberto della libreria Mondadori di Matelica fa notare che il genere più gettonato è la narrativa a cui fanno seguito saggistica e fantascienza. Cresce inoltre la propensione ad acquistare manuali e guide. Simona, titolare della “Bottega del libro” di Macerata, afferma che i suoi clienti sono persone affezionate, le vendite ci sono non perché cresce il numero dei lettori ma perché chi legge lo fa sempre di più e acquista più libri. Osserva, inoltre, che spesso sono i genitori ad acquistare i libri per i loro figli assecondando più i loro gusti che quelli dei ragazzi. La famiglia e gli insegnanti ricoprono un ruolo fondamentale nell’educare alla lettura i giovani: se non amano i libri difficilmente possono trasmettere la passione per la lettura. Il piacere di leggere deve essere trasmesso fin dall’infanzia. Il progetto “Nati per leggere”, che nasce dall’accordo tra i bibliotecari e i pediatri, mira a promuovere lo sviluppo non solo affettivo ma anche cognitivo con la lettura ad alta voce ai bambini da 6 mesi a 6 anni per educare alla lettura. Non si discute sull’importanza di incentivare a leggere ma è la proposta che manca, fa notare Simona. Dello stesso parere è anche la Libreria “Arcobaleno” di Civitanova che auspica incontri con le scuole per promuovere la lettura e l’attrazione per i libri, la capacità di presentare i libri non solo come fonte di sapere ma come ricchezza per la vita.
Servono iniziative per incentivare la lettura e soprattutto trasformare il libro in un piacere affinché il valore della lettura non sia relegato solo nell’ambito culturale. E’ un messaggio per le istituzioni locali perché promuovano strumenti per facilitare gli incontri tra scuole e librerie, per educare alla lettura, per costruire un rapporto tra studente e mondo dei libri che non sia solo occasionale.
Così si promuove la formazione, e pure il commercio, con il ritorno economico dalla vendita dei libri.

Ridare valore al tempo
Le case editrici devono promuovere la lettura, abbandonando quell’atteggiamento autoreferenziale di chi possiede la verità e disdegna chi non legge. Educare alla lettura vuol dire ridare valore al tempo; per dirla con Marcel Proust, occorre ritrovare il tempo, perduto in piaceri vani e inconsistenti e ridargli un valore più autentico. Non solo il tempo ma anche la lentezza, perché la lettura di un libro rifiuta la fretta. A differenza della velocità di Internet, i libri danno il tempo di interiorizzare, capire e memorizzare. Non multa sed multum, dicevano i latini: non la lettura di tanti libri ma la profondità e la comprensione di pochi testi ma buoni.

Libro elettronico o stampato?
Ritornando al libro, ci si chiede se l’e-book, il libro in formato elettronico, soppianterà il testo stampato; non sembra per ora una ipotesi credibile, non fosse altro perché i libri fanno arredamento. Ma ci sono altri motivi per cui un libro stampato non può essere sostituito con uno elettronico: il piacere di toccare la carta, lo spessore, la patinatura, la copertina di un libro, scriverci sopra, la dedica sotto il titolo, gli appunti a piè pagina. I lettori più incalliti sanno che queste caratteristiche fanno parte del piacere di leggere. Comunque, eBook o iPad che siano, è la forma che muta, non la sostanza; importante è (ri)scoprire il valore della lettura e il potere del libro che avvince e seduce, al punto da far dire a molti: questo libro mi ha cambiato la vita.

UN PO’ DI STORIA
I romani amavano leggere, attività considerata non solo stimolante ma altamente qualificante. Leggevano ovunque perfino alle terme. Il detto mens sana in corpore sano voleva dire che le terme non erano solo luoghi per la cura del corpo ma anche un tonico per la mente. All’interno delle terme c’erano tavoli per consultare i libri. Era ancora lontana l’epoca di Gutemberg: per soddisfare il mercato romano dei lettori, i libri venivano copiati a mano e l’equivalente della macchina da stampa erano gli schiavi, che trascrivevano le opere di Virgilio, Orazio, Ovidio su fogli di papiro o pergamena.
Per la formazione dei ragazzi, oltre alle diverse figure che si occupano della loro educazione e istruzione, c’era il librarius che si occupava di perfezionare i giovani nella lettura e nella scrittura.
Per i romani più facoltosi possedere una biblioteca era segno di prestigio e distinzione sociale; non bastava avere molti sesterzi ma occorreva sviluppare abilità oratorie e intellettuali per arricchire il proprio status sociale.
Accanto alle biblioteche private, che comunque venivano messe a disposizione di chiunque volesse servirsene, c’erano quelle pubbliche; tra le più famose la biblioteca di Traiano, di cui se ne possono vedere ancora oggi i resti. Ovviamente erano numerose anche le librerie (tabernae librariae) dove i lettori si incontravano per informarsi e fare critica, che non era solo letteraria ma riguardava tutti gli aspetti della civitas.

ATTUALITA’
Non solo musica e foto, anche i libri, nell’epoca del web 2.0, hanno i loro social di riferimento. Library thing e soprattutto Anobii, sono le piattaforme più importanti per lettori accaniti, che permettono di condividere sul web tutto ciò che riguarda il mondo dei libri.
Anobii è una bussola per orientarsi in un oceano di libri: permette ai propri iscritti non solo di condividere il piacere di leggere ma di creare una propria biblioteca, consentendo di cercare nuovi testi all’interno delle librerie virtuali degli altri utenti. Una biblioteca universale digitale con milioni di libri in 14 lingue diverse, una piazza virtuale dove le persone si scambiano opinioni, idee, facendo anche affari perché si possono vendere e acquistare libri. Ma soprattutto si scrivono recensioni sui libri letti. E qui viene il bello perché l’Italia, che non brilla per numero di lettori, fra i 55 paesi che compongono il social, è il paese più rappresentato. Va bene che siamo un popolo dalla chiacchiera facile ma per giustificare tante recensioni i libri debbono per forza essere letti. “I ragazzi – spiega lo scrittore Nicola La gioia – preferiscono consigliarsi i libri tra loro piuttosto che aspettare l’ennesima recensione, fatta dall’élite intellettuale solo per gli addetti ai lavori, capace di accostarsi a un libro come a un topo morto”. Le recensioni fatte dagli utenti, proprio perchè si basano sulla condivisione, testimoniano davvero la passione per quel libro, perché lo hanno amato o odiato, i passi più significativi, i perché dell’acquisto; nella recensione è trasmessa non solo la trama del libro ma l’esperienza autentica di chi l’ha letto. Più condivisibile di così…

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