sabato, ottobre 10, 2009

"Li vollettà": un merito... inchiodato nella storia


di Fernando Pallocchini

Anche Macerata, fine Ottocento inizi del Novecento, ha avuto il suo “polo industriale”, ubicato per molti anni nella ripida e stretta discesa di Borgo San Giuliano, all’ombra del podium antico e della cattedrale. Assai rinomato era il manufatto prodotto e che da qui partiva per raggiungere tutta l’Italia centrale. Non pensate a grandi capannoni sormontati da alte ciminiere bensì a lillipuziane botteghe artigiane, ricavate al piano terra di modeste abitazioni dal cui comignolo usciva un (pro)fumo, segno certo che la massaia, di sopra, stava cucinando “le foje drendo lu callà”. Di sotto, invece, lavoravano gli uomini. A destra e a sinistra dell’erta, dentro fucine fumigate, i lavoratori erano a torso nudo, occhi brillanti su volti tinti di nerofumo, cotti dal calore continuo e noti come “li vollettà”.
Erano i nostri fabbricanti di chiodi e bollette di ogni misura, dalle impalpabili simicie ai giganteschi “ferri da crocefissione” che venivano rigorosamente (per forza perché non c’erano altre tecnologie) realizzati a mano.
Il borgo risuonava per tutta la giornata di un martellamento incessante e continuo che, a volte, nella forgiatura di grandi chiodi, si faceva alternato: erano in due a dare colpi di martello, ritmicamente, ora uno, dopo l’altro, in modo ossessivo. Ogni tanto una palata di carbone volava nella forgia, ogni tanto il mantice soffiava per ravvivare la fiamma.
L’ultimo fabbricante maceratese di bollette è stato Riginardo che aveva la vuttica, la bottega più che il laboratorio, di fianco alla stalla dove Vincè de Massa teneva la somara. Atmosfera d’altri tempi. Il rituale prevedeva l’apertura della bottega verso le sette, l’accensione del carbone sulla forgia e la posa delle barrette di ferro a infuocarsi.
Quando Riginardo cominciava a battere con il martello sull’incudine dava la sveglia ai ragazzi che andavano a scuola e d’estate era una… rottura di scatole. Sfornava centinaia di chiodi ogni giorno.In inverno produceva “li vruccù” , bollette con la capoccia grossa e squadrata, corte, adatte per gli scarponi, per gli zoccoli e per andare su strade gelate. Durante il periodo della guerra le persone facevano la fila per comperare 20 vollette.

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