di Nazzarena Luchetti
Il merito sembra essere il leit motiv per la ripresa dell’efficienza del paese. Agli incitamenti di Napolitano, si sono aggiunte le riforme per la scuola e l’amministrazione pubblica di Gelmini e Brunetta. Entrambi i ministri stanno promuovendo “sistemi di selezione, valutazione e gestione improntati al merito e alla trasparenza”.
In Italia, purtroppo, la non meritocrazia riguarda tutti gli aspetti, da quello economico e politico a quello familiare e culturale. Il nostro è un paese socialmente immobile, incapace di promuovere talenti e non è accettabile un sistema che metta sullo stesso piano bravi e incapaci perché così si finisce per premiare i peggiori. In questo modo non solo non si promuove l’efficienza ma la mancanza di un parametro di giudizio basato sul merito porta all’appiattimento della società e all’egualitarismo, perché nessuno è motivato a distinguersi mettendo in evidenza le proprie capacità.
Qui va fatta una riflessione: “L’essenza di una società è il capitale umano?” allora diventa fondamentale selezionare i migliori, misurandone il merito e non privilegiando le varie appartenenze, abitudine purtroppo connaturata da decenni.
Le aziende poi dovrebbero passare di mano a chi le sa gestire permettendo ai migliori di occupare le posizioni più importanti e determinanti, questo indipendentemente dalla provenienza o famiglia di origine dell’individuo.
Per promuovere una cultura del merito però non sono sufficienti punizioni e incentivi, come giustamente afferma il ministro Brunetta, ma occorre prima di tutto ridare passione alle persone, la consapevolezza che è fondamentale porsi degli obiettivi e che una volta raggiunti e riconosciuti i risultati queste verranno premiate.
Ecco perché è fondamentale uno Stato che goda della fiducia dei cittadini; nessuna società può diventare meritocratica se lo Stato non è in primis un simbolo di merito. Importante intervenire soprattutto su due aspetti: promuovere direttive che diano a tutti pari opportunità garantendo la mobilità sociale e favorire la concorrenza che non solo crea opportunità per i migliori ma è il fondamento per una crescita della produttività.
Volendo l’opportunità di migliorare bisogna anche essere disposti a una mobilità territoriale, sono pochi infatti quelli che si spostano per poter crescere professionalmente. Sarebbe auspicabile che le migliori menti e tutte le persone di buona capacità e professionalità facciano un passo avanti impegnandosi a dare il loro contributo al cambiamento, migliorando con il loro apporto la nostra società. Invece in troppi si lamentano limitandosi a criticare il sistema attuale senza esporsi. Ognuno deve partecipare al cambiamento, dobbiamo volerlo con impegno assumendoci delle responsabilità, non bisogna aspettare che sia qualcun altro a farlo per noi.
In Italia, purtroppo, la non meritocrazia riguarda tutti gli aspetti, da quello economico e politico a quello familiare e culturale. Il nostro è un paese socialmente immobile, incapace di promuovere talenti e non è accettabile un sistema che metta sullo stesso piano bravi e incapaci perché così si finisce per premiare i peggiori. In questo modo non solo non si promuove l’efficienza ma la mancanza di un parametro di giudizio basato sul merito porta all’appiattimento della società e all’egualitarismo, perché nessuno è motivato a distinguersi mettendo in evidenza le proprie capacità.
Qui va fatta una riflessione: “L’essenza di una società è il capitale umano?” allora diventa fondamentale selezionare i migliori, misurandone il merito e non privilegiando le varie appartenenze, abitudine purtroppo connaturata da decenni.
Le aziende poi dovrebbero passare di mano a chi le sa gestire permettendo ai migliori di occupare le posizioni più importanti e determinanti, questo indipendentemente dalla provenienza o famiglia di origine dell’individuo.
Per promuovere una cultura del merito però non sono sufficienti punizioni e incentivi, come giustamente afferma il ministro Brunetta, ma occorre prima di tutto ridare passione alle persone, la consapevolezza che è fondamentale porsi degli obiettivi e che una volta raggiunti e riconosciuti i risultati queste verranno premiate.
Ecco perché è fondamentale uno Stato che goda della fiducia dei cittadini; nessuna società può diventare meritocratica se lo Stato non è in primis un simbolo di merito. Importante intervenire soprattutto su due aspetti: promuovere direttive che diano a tutti pari opportunità garantendo la mobilità sociale e favorire la concorrenza che non solo crea opportunità per i migliori ma è il fondamento per una crescita della produttività.
Volendo l’opportunità di migliorare bisogna anche essere disposti a una mobilità territoriale, sono pochi infatti quelli che si spostano per poter crescere professionalmente. Sarebbe auspicabile che le migliori menti e tutte le persone di buona capacità e professionalità facciano un passo avanti impegnandosi a dare il loro contributo al cambiamento, migliorando con il loro apporto la nostra società. Invece in troppi si lamentano limitandosi a criticare il sistema attuale senza esporsi. Ognuno deve partecipare al cambiamento, dobbiamo volerlo con impegno assumendoci delle responsabilità, non bisogna aspettare che sia qualcun altro a farlo per noi.
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