giovedì, settembre 27, 2007

Macerata - Bankitalia e Banca Marche. Il testo della conferenza stampa di Blarasin


1) Banca d’Italia

Il direttorio della Banca d'Italia intende procedere ad una riorganizzazione della struttura periferica dell'istituto che nell'immediato comporterebbe per quanto riguarda le Marche la chiusura della sola filiale di Macerata. Resterebbero aperte, con compiti diversi, le filiali di Ascoli Piceno e Pesaro e la sede di Ancona.
I criteri di scelta per la chiusura di questa filiale, che sarebbe l'unica nelle Marche ad essere chiusa, non sono affatto chiari tanto che sono stati contestati anche dalle sigle sindacali.
Ho con me un volantino di rivendicazione della “Federazione Autonoma Lavoratori Banca d'Italia” - Sindacato Nazionale Banca Centrale e Autorità - che recita testualmente:
“Il presidente dell'Unione delle Province Italiane, On. Fabio Melilli, ha richiesto un'audizione alla Commissione Parlamentare di competenza, per sostenere le ragioni del mantenimento di tutte le filiali sul territorio.
Contemporaneamente, l'Unione delle Province Italiane ha già richiesto alla Commissione Parlamentare di promuovere un intervento sulla Banca d'Italia per indurla a sospendere la presentazione, al consiglio superiore del 28 settembre, il piano di ristrutturazione che prevede la chiusura di 39 filiali.
Prosegue, con la massima coerenza, il nostro sforzo per sensibilizzare la politica sui danni, alla collettività e al paese, che sarebbero determinati dal progetto della Banca.”
Firmato : Segreteria Generale FALBI – CONFSAL (sindacato facente parte della Federazione delle Banche Centrali Europee).
Come ho già accennato, i criteri che hanno portato alla chiusura di alcune filiali della Banca d'Italia e non di altre, anche di alcune per cui la chiusura era invece prevista, sono tutt'altro che chiari. Si suppone che l'operazione sia esclusivamente politica perché, avendo riguardo alla filiale di Macerata, filiali analoghe per grandezza, operatività, vicinanza dal capoluogo di Regione, sono rimaste aperte. (gli elementi menzionati potrebbero essere elementi presi a base per la scelta).
Per esempio: in Sicilia, dove era prevista la chiusura di sette filiali sul nove, alla fine sono state chiuse due sole filiali e ne sono rimaste aperte sette.
Si suppone che il criterio utilizzato sia esclusivamente politico. Le iniziative sul territorio maceratese a difesa della filiale della Banca d'Italia sono state essenzialmente due. La prima, un ordine del giorno presentato al comune di macerata firmato ed approvato dall'unanimità dei consiglieri. La seconda: un ordine del giorno, che ricalcava il documento approvato unanimemente dal Comune di Macerata, presentato in Provincia dal sottoscritto che invitava il presidente della provincia e l'amministrazione provinciale a intraprendere nelle opportune sedi politiche ed istituzionali tutte le iniziative indispensabili per la permanenza della filiale della Banca d'Italia ha Macerata. Quest'ultimo non è stato approvato dal consiglio provinciale mentre è stata approvata una mozione presentata dalla maggioranza di centro-sinistra più possibilista sull'accentramento ad Ancona.
La chiusura della filiale della Banca d'Italia macerata, unitamente ai tanti altri uffici che sono in difficoltà - si parla infatti con sempre maggiore insistenza anche delle ridimensionamento delle Prefetture, delle Questure, degli Archivi di Stato, delle Direzioni Provinciali del Tesoro, degli ex Provveditorati agli Studi di molti altri enti da sempre posti a presidio del territorio provinciale a tutela dei suoi abitanti - porta ad un indebolimento e ad onde l'impoverimento del capoluogo maceratese e della sua provincia.
La territorialità va difesa. Ed è mancata proprio una difesa forte delle istituzioni e della maggior parte dei politici a favore del mantenimento di un presidio che gratuitamente al servizio del territorio e dei suoi cittadini.
Non solo manca una progettualità per la Macerata del futuro, ma viene consentita le spoliazione di quanto già esistente.

2) Banca delle Marche

Analoghe difficoltà si stanno vivendo in questi giorni per la Banca delle Marche, per la quale si parla breve di una fusione con un grande istituto bancario nazionale (si pensa sia l’Istituto San Paolo) o di una vendita.

Al di là di tutti gli interventi che si sono succeduti, bisogna fare alcune puntualizzazioni ripercorrendo la storia di questo Istituto di Credito, allora CaRiMa, che in nome di un rafforzamento del territorio si è fuso una prima volta con la cassa di risparmio di Pesaro, ed anche quella volta su questo processo intervennero gli autorevoli personaggi - forse sempre gli stessi - concludendo che alla fine era un obiettivo giusto da perseguire. Nel 1994 si è verificata un'altra fusione con la cassa di risparmio di Jesi, stessi discorsi, stesse polemiche, stessi personaggi: sull'argomento si pronunciò a favore anche il Consiglio Comunale dell'epoca.

Arriviamo alla situazione attuale in cui si parla di questo evento molto vicino. Le prese di posizione riguardano soprattutto la territorialità della banca vista soprattutto attraverso la Governance.

Ma la Governance di per sé non fa la territorialità come dimostrato in più di una circostanza.
La territorialità invece può e deve esprimere la Governance.

È necessario fare discorsi chiari. Se si parla di distribuzione di poltrone nell'ambito della Governance in un istituto più grande basta seguire quello che dice un famoso manuale. Se si parla di territorialità con tutto ciò che ne consegue (e che spiegherò), la territorialità non può essere salvaguardata in costanza di una fusione di ampia portata anzi la territorialità viene venduta nel senso che un grande istituto, magari del Nord, si trova ad avere, pagando un prezzo più o meno equo, una rete di sportelli già preconfezionata, già funzionante, già in rete con il tessuto produttivo locale e per tutto questo può benissimo pagare un surplus sotto forma di qualche poltrona di Governance.
Ipotizzando questo secondo scenario quali sarebbero i benefici per il territorio? A mio avviso non ce ne sono perché - la storia del Credito Italiano già lo dimostra - le dipendenze sul territorio delle grandi banche italiane, pur possedendo strutture altamente informatizzate e specializzazioni in vari segmenti, non sono in grado di soddisfare appieno le esigenze di tutta l'utenza territoriale (dal grande al piccolissimo), non riuscendo a percepire le peculiarità strutturali e le relative variabili.
(Obiezione: ma le filiali restano pur sempre quelle!!! Dal punto di vista statico si, ma nel tempo sono destinate a cambiare sia perché cambia la strategia d'impresa sia perché cambia la governance, cambiano gli obiettivi e cambiano le persone.)

Bisogna anche considerare che il ragionamento che stiamo affrontando è nell'ottica dei benefici al territorio perché se guardiamo la vicenda dal punto di vista della banca, che è una impresa, la fusione rientra nell'ottica della crescita dimensionale, che è un concetto imprenditoriale attualmente correttamente perseguito ai fini della competitività.

Quindi se affrontiamo la questione da un punto di vista squisitamente aziendale, e quindi dal punto di vista della Banca, la fusione va bene e questo lo dico sia come politico che come commercialista.
Ma se, come credo, il principale compito di un politico è quello di analizzare le questioni da un punto di vista di utilità pubblica ed in funzione territoriale, le ipotesi della fusione o della vendita non vanno bene. Per fare un esempio, avrei voluto vedere come il gruppo intesa San Paolo avrebbe gestito la crisi del settore calzaturiero nel nostro distretto. Chi cerca di abbinare le due cose - il punto di vista aziendale è il punto di vista territoriale - o è in malafede o ha poco riflettuto sulla questione.

La vera banca che serve al territorio è quella banca che vive il territorio e vi ha radicamento, che interpreta le evoluzioni economiche e congiunturali ancor prima dell'imprenditore,.
Territorialità significa anche e soprattutto conoscenza e capacità di sintonizzarsi con le caratteristiche dei clienti-utenti, degli imprenditori, dei commercianti, degli artigiani, delle famiglie, dei giovani di questo territorio e per fare questo occorre una grande sensibilità che solo una Banca locale può avere con la sua “comunità”.

domenica, settembre 16, 2007

"Bisogna proteggere la spesa"


“Nell’ultimo anno si sono verificati incrementi importanti dei prezzi internazionali dei prodotti agricoli che, anche secondo l’ultimo rapporto OCSE/FAO, potrebbero innescare una spirale di aumenti nei generi alimentari di prima necessità”. E’ quanto afferma il consigliere provinciale Andrea Blarasin nell’ordine del giorno presentato in Provincia.
Blarasin chiede al Consiglio Provinciale di sollecitare il Governo ad utilizzare tutti gli strumenti possibili di controllo delle filiere agro-alimentari, al fine di evitare che il già modesto reddito delle famiglie italiane venga colpito anche dall’aumento ingiustificato dei prezzi dei generi alimentari di prima necessità.
“Questo rischio – continua Blarasin - è fortemente presente in questo autunno in cui il clima, la carenza dell’acqua e l’aumento di domanda può dare corso ad una spirale inflazionistica e speculativa senza freno. Lo dimostra anche lo stato di allarme di consumatori ed associazioni di categoria che in questi giorni hanno proposto vari tipi di scioperi della spesa.
Rivolgo un appello particolare ai Sindacati, affinché abbiano il coraggio di rinnovarsi, se effettivamente vogliono rendere un servizio al cittadino-lavoratore. I sindacati dovrebbero essere spinti dagli eventi attuali a rompere con gli schieramenti politici di riferimento, pena l’inconcludenza della propria opera, che non può più limitarsi alle pur importanti concertazioni per il rinnovo dei contratti e per le riforme sulle pensioni. Il cittadino lavoratore è anche cittadino consumatore ed utente, in balia di eventi politici ed economici insormontabili senza una adeguata tutela. Chi, meglio delle associazioni sindacali, che possiedono una organizzazione capillare e capace di influenzare le scelte di Governo, può contribuire ulteriormente a far sentire la voce dei cittadini-consumatori?”

Andrea Blarasin
Consigliere Provinciale di Macerata

venerdì, settembre 07, 2007

Petriolo: "Bavaglio all'opposizione"


L'amministrazione comunale di Petriolo vuole mettere il bavaglio all'opposizione che chiede trasparenza e chiarezza sull'operato della maggioranza di centro-sinistra.
La mancata consegna, nei tempi stabiliti dalla normativa, ai consiglieri comunali di opposizione, di documenti richiesti nell'esercizio delle loro funzioni ne è una testimonianza.
Ma se questo già denota un atteggiamento antidemocratico ed arrogante del sindaco di Petriolo, i successivi sviluppi sono inqualificabili.
Infatti, ad una interrogazione ed ad un volantino della minoranza per conoscere se siano state effettuate verifiche tecniche e se sia stata correttamente svolta funzione di vigilanza sul rispetto delle norme in alcuni cantieri, il Sindaco Castellani, per tutta risposta, da incarico ad un avvocato di rispondere con una diffida ad esercitare il diritto di fare opposizione.
Tralascio le considerazioni sulla contraddittoria ed a tratti esilarante lettera inviata dal legale che, comunque, dovrebbe sapere che l'interesse pubblico prevale in molti casi su quello privato.
Non è invece sostenibile il comportamento del Sindaco che pretende di controllare l'iniziativa dell'opposizione e di ingabbiarla entro parametri di suo gradimento.
Continueremo a chiedere trasparenza sugli atti dell'amministrazione e da tutelare cittadini attraverso la vigilanza e l'informazione. A proposito, signor Sindaco, a quanto ammonta il costo che cittadini hanno sostenuto per questo singolare incarico al legale per costringere al silenzio l'opposizione?

Blarasin: "Vecchi politici a casa"

E’ con vero piacere che ho letto l’articolo di Placido Munafò di domenica 2 settembre.
La lucida analisi effettuata sulla situazione in cui versa da decenni la città di Macerata, peraltro da me stigmatizzata in più di una circostanza, mi trova completamente d’accordo. Come sono in piena sintonia con il suo invito: che i politici che da sempre gestiscono questa città se ne tornino nelle loro case.
La voce di Munafò si è levata forte e chiara e ad essa aggiungo ancora una volta la mia su una gestione della cosa pubblica che ha creato danni incalcolabili al passato, al presente ed al futuro di Macerata facilitando, peraltro, gli interessi di pochi.
Questa è orami una città disincantata e rassegnata a subire le difficoltà legate ai servizi che mancano, ai costi delle case, ai disservizi della scuola e della sanità, ai problemi del lavoro, dell’immigrazione senza controllo, della sicurezza e di tanto altro ancora.
L’elenco delle problematiche maceratesi è sempre più lungo ogni mese che passa perché sempre più carente è l’attività di governo (Comune e Provincia) che si limita ad una ordinaria amministrazione ben pubblicizzata per i propri interessi di sopravvivenza politica.
Allora ben vengano le voci forti di denuncia alle quali non intendo solo dare apprezzamento e solidarietà, ma esprimo un invito: passiamo, per quel che è possibile, dalle parole ai fatti, senza tralasciare alcuna opportunità che possa portare Macerata fuori dalla situazione di stallo cronico.
Aiutiamo Macerata ad esprimere una nuova classe politica disinteressata e preparata in grado di restituire la cosa pubblica ai cittadini. Battiamoci insieme, tutti i politici di buon senso, contro l’espropriazione perpetrata ai danni della città: uffici pubblici che sono stati e che verranno chiusi (Munafò ricordava Bankitalia); banche locali che hanno, prima preso la via di Ancona (Jesi) facendo credere che questa fosse la migliore soluzione possibile, e che ora chissà dove andranno a finire; la sanità regionale che pone il nostro ospedale provinciale in condizioni di subordine e che crea situazioni di disagio ai cittadini (ad esempio per il Pronto Soccorso); scelte urbanistiche che rendono sempre meno vivibile la città; una viabilità inadeguata.
Il tempo delle parole è finito: o si procede con azioni politiche concrete o la vecchia politica lascerà Macerata solo quando non ci sarà più nulla da “prendere o da dare”.